Le suppellettili liturgiche

La scultura

I tessuti

Gli ex-voto

APPROFONDIMENTI

La croce astile della prima sala è il pezzo più pregevole della collezione di oreficerie esposte in museo. Questo manufatto deriva dall’assemblaggio di due parti di epoca diversa: la croce è ascrivibile alla prima metà del Quattrocento, mentre il nodo è del 1499 come attesta l’iscrizione incisa sulla base “HOC OPVS / FECERUNT / FIERI / COMVNITAS / DE MANDELO / 1499”.

La croce rispecchia una tipologia particolarmente diffusa nel XV secolo in territorio lariano. Presenta bracci ornati da sferule che si intersecano al centro in una tabella ellittica e si raccordano in basso a un nodo a edicola. Sul lato frontale vi è la statuetta di Cristo sovrastato dal simbolo del pellicano e affiancato dai busti della Madonna e di San Giovanni. Alle estremità del braccio verticale compaiono i busti di due Santi  sbalzati e sovrapposti alle lamine terminali polilobate. Sul retro si trovano invece il Pantocratore al centro e, agli estremi dei bracci, il Tetramorfo, ovvero il Leone di san Marco, il bue di san Luca, l’ aquila di san Giovanni e l’angelo di san Matteo. Di particolare interesse storico e iconografico è il  nodo, contraddistinto da una struttura a edicola che accoglie i santi titolari di alcune tra le più antiche chiese del Mandellasco: Sant’Eufemia di Olcio, Sant’Abbondio di Somana,  San Martino di Abbadia Lariana, San Giorgio di Mandello. Compare anche San Vittore che rimanda a una chiesa di Mandello oggi non più esistente.

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Le statuette di San Sebastiano e del Santo pellegrino esposte in museo provengono dal tabernacolo a tempietto dell’altare maggiore di San Lorenzo messo in opera tra 1613 e il 1638 e attribuito agli intagliatori Vittani di Como. Tra le testimonianze più eloquenti di questa tipologia di altare in territorio lecchese, si erge su un basamento che accoglie l’Ultima Cena affiancata da fregi con protomi leonine e trofei vegetali. Il tempietto piramidale si compone di tre ordini rastremati, di cui l’inferiore,  scandito da colonne scanalate, accoglie le statuette degli Evangelisti e il Crocifisso.. Nella zona intermedia spiccano tre edicole con altorilievi inquadrati da cariatidi e sormontati da timpani dai quali si innalzano le statuette di Santo Stefano, della Madonna assunta e di San Lorenzo. Le scene raffigurate in queste inquadrature, ovvero il Ritorno degli esploratori dalla Terra Promessa, la Raccolta della manna e il Sacrificio di Melchisedeck, hanno una valenza iconografica spiccatamente eucaristica.  Completa la struttura del tabernacolo una cupoletta popolata dalle figure di due santi e dal Cristo risorto attorniato da Angeli musicanti.

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I reliquiari sono custodie di forma e materiale diversi, utilizzati per conservare ed esporre i resti mortali dei santi o oggetti a loro collegati. Questo è della tipologia ‘a ostensorio’, ovvero a un ostensorio, con  la reliquia a vista inserita in un ricettacolo. Realizzato in legno intagliato, dipinto e dorato, si contraddistingue per l’angioletto-cariatide che funge da fusto e per le ricche decorazioni vegetali di gusto tipicamente barocco che incorniciano la mostra.  Risalente alla prima metà del XVIII secolo, è da riferire ad una bottega attiva probabilmente in area milanese, da cui provengono molte altre suppellettili del patrimonio in dotazione all’arcipretale di Mandello.

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Sotto il piede di questo raffinato calice compare un marchio che rappresenta un carciofo. Si tratta del punzone dell’orafo milanese Giacomo Antonio Rubini, titolare di una bottega attiva nel capoluogo lombardo a partire dal 1587.
Rubini ricevette parecchie commissioni dall’arcipretura di Mandello che evidentemente ne apprezzava la maestria e la competenza tecnica.  Peccato che molti suoi lavori siano andati perduti negli anni delle requisizioni napoleoniche e ne abbiamo traccia solo attraverso i documenti conservati nell’Archivio parrocchiale.

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Nel museo di Mandello si possono ammirare preziosi paramenti risalenti al XVIII e al XIX secolo. Riveste un notevole interesse un parato settecentesco in seta bianca broccata con motivi decorativi fantastici ispirati alla natura e disposti senza un apparente ordine logico (il cosiddetto bizarre).Tale parato è composto da pianeta, stola, manipolo, borsa di corporale e da un paliotto tuttora conservato nella chiesa della Madonna di Debbio.
Risalgono al XVIII secolo anche una raffinata pianeta rossa a righe verticali alternate a meandri e arricchita da mazzolini di fiori e una pianeta bianca il cui tessuto si contraddistingue per una delicata trama floreale intersecata a motivi lineari dorati che disegnano una decorazione a zig zag.

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Gli ex-voto attestano la gratitudine di uomini e di donne che, trovandosi in situazioni di insormontabili e talora improvvise difficoltà, si sono rivolti alla divinità.
Da un’invocazione rivolta alla Madonna del latte tanto venerata in Santa Maria di Debbio scaturisce questo ex voto dipinto che rende manifesta la salvezza ricevuta da un giovane uomo rovinosamente caduto nel lago.

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